Namibia
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Il Ciclista
Nell’assolato deserto namibiano all’improvviso un miraggio: un
ciclista.
Sono due giorni che guido e non ho ancora incontrato nessuno.
La strada è buona, è classificata come “gravel road” cioè pavimentata
con ciottoli di marmo quarzifero.
E’ piuttosto larga e come pista è soddisfacente. In questi frangenti la
guida diventa noiosa: il paesaggio, dapprima interessante poi diventa
ripetitivo; non incrociando veicoli l’attenzione viene meno e la
monotonia rende la guida molto pericolosa.
Sono venuto a conoscenza di piccole tragedie capitate a turisti italiani
appunto per aver sottovalutato questo aspetto.
Alcuni anni or sono una ragazza, che viaggiava su un mini bus
noleggiato, è rimasta paralizzata, il mezzo è uscito fuori pista e si è
cappottato.
Probabilmente la stanchezza e la monotonia della guida hanno spinto
l’autista ad accelerare e superare la velocità consentita, che in alcuni
casi è di 60 km orari, è bastato un colpo di sonno perché la tragedia si
compisse.
Per cui è veramente importante rispettare i limiti di velocità suggeriti
e se si è stanchi fermarsi a riposare o farsi sostituire alla guida.
E’ quasi mezzogiorno e sto guidando da diverse ore, ho voglia di
sgranchirmi le gambe e di mangiare qualcosa. Sono alla ricerca di un
posto all’ombra.
Impossibile è tutto piatto e desertico; le rocce sono scarse e comunque
basse e non adatte al mio scopo. I rari cespugli non offrono ombra.
Credo che dovrò accontentarmi dell’ombra prodotta dall’automezzo che
essendo mezzogiorno è decisamente scarsa.
Assorto nei miei pensieri vedo all’orizzonte stagliarsi una strana
figura, sembra una moto, no guardo meglio e riconosco la silouette di
una bicicletta.
Che ci fa un ciclista nel deserto?
Man mano che si avvicina noto che ha due grandi borse laterali e il
porta pacchi posteriore ben carico. Gesticola animatamente, decido di
fermarmi.
Si avvicina: è un giapponese con tanto di bandierina sulla bici. E’
accaldato, dice che in viaggio da un mese.
E’ partito da Cape Town ed è diretto al Mediterraneo.
Nel frattempo ha bisogno di alcune informazioni, chiede se la pista è
quella corretta per raggiungere Opuwo e poi il territorio degli Himba.
Parliamo molto mentre ci rifocilliamo, è un tipo simpatico e molto
coraggioso.
Non è da tutti affrontare un viaggio simile da soli e su una mountain
bike carica all’inverosimile. Lo ammiro e per qualche aspetto lo
invidio.
E’ seduto all’ombra dell’automezzo, osserva attentamente la cartina
stradale, scritta in giapponese, guarda le varie strade e prende note su
di un taccuino.
Sta cercando il percorso più breve per raggiungere Opuwo ma qualunque
strada scelga arriverà a destinazione non prima di tre ore. Certo
pedalare sotto il sole cocente non è piacevole ma sembra non
preoccuparsene. E’ molto soddisfatto del suo viaggio: l’ha pianificato
dettagliatamente e finora non ha avuto grossi problemi.
Ha intenzione di pernottare presso i villaggi Himba e mi mostra una
piccola tenda ad igloo, è leggera e sembra robusta; sicuramente riuscirà
nel suo intento.
Nei giorni successivi lo incontrerò altre volte sempre con il sorriso
sulle labbra e sempre più soddisfatto. E’ un vero viaggiatore.
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