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SHAHARAH Oggi si va a Shahara,
la città il cui ponte medievale e’ diventato uno dei simboli dello
Yemen. Sono emozionato, di buonora prendiamo la strada che porta a
Sadah verso l’Arabia Saudita. Abbiamo appuntamento con la scorta beduina
ad al-Gabaj; li’ dovremmo prendere i
loro pick-up e salire alla fortezza. Il titolare dell’agenzia ha risolto la questione alla yemenita: ha fornito kalasnhikov agli autisti e ha suggerito loro un percorso alternativo attraverso il deserto, bypassando il posto di blocco. In effetti riusciamo ad evitarlo, ma poco prima di al-Gabaj veniamo affiancati da un paio di pick-up di beduini, armati fino ai denti, che ci fanno cenno di fermarci. Piccolo brivido, ci informano che non e’ possibile proseguire per al-Gabaj perche’ ci sono alcune tribù beduine in rivolta. Casualmente loro, dietro compenso doppio rispetto a quello concordato con gli altri, sarebbero disposti ad accompagnarci a Shaharah per un percorso alternativo. La faccenda non e’ molto chiara ma accettiamo lo stesso. Il nostro autista e’ seriamente preoccupato ma cerca di apparire sereno; solo con me manifesta qualche piccola preoccupazione.
Donne di un’età indefinibile, pesantemente coperte da
palandrane rigorosamente nere che si incamminano, con i loro secchi
collocati sul capo, verso la cisterna situata al centro del paese. Un
nugolo di bambini ci corre incontro al grido di "kalam",
ma a questo punto del viaggio le matite sono già finite. Lo Yemen e’ uno dei pochi paesi al mondo dove la
speranza di vita femminile e’ inferiore a quella maschile, le molteplici
gravidanze e la scarsità d’igiene minano la salute della donna.
Un bisbiglio che presto si tramuta in un grido mi dice che e’ ora di alzarsi. A fatica apro gli occhi ma intorno a me c’e’ ancora buio e silenzio. Guardo l’ora : sono le quattro. Eppure sento ancora le grida, mi faccio più attento e distinguo: "Allah akbar, Allah akbar...". E’ il muezzin che chiama a raccolta i fedeli per la prima preghiera del giorno. Cerco di riaddormentarmi. L’alba mi coglie piu’ assonnato che mai, una nebbiolina vela Shaharah in una atmosfera surreale. In fretta e furia mi preparo e raggiungo gli altri all’ingresso della città dove c’e’ ad attenderci un beduino rigorosamente armato. Un’aria fresca e frizzante mi accoglie e mi sveglia completamente.
Di buon passo seguo il beduino attraverso la città. Da
lontano sembrava assonnata, ma più ci si addentra nei vicoli e più si
nota un movimento di uomini e donne. Sono tutti indaffarati nelle più
svariate attività: falegnami, fabbri, fornai. Le donne, tutte coperte
dal capo ai piedi col solito chador nero, in fila indiana con le brocche
in testa, camminano lentamente verso la cisterna, sono suggestive e
rendono il paesaggio ancora più surreale. Il tempo si è fermato al
medioevo. Dopo una curva, all’improvviso, davanti a me vedo il ponte. E’ antico: anche se recentemente è stato restaurato, resta sempre affascinante. La donna che lo attraversa, l’ora mattutina e la nebbiolina che sale da fondovalle lo rendono misterioso. Sono in mezzo al ponte e guardo intorno a me: ci sono le terrazze coltivate a qat, alcune contadine che s’incamminano verso i loro poderi, due rapaci volteggiano nel cielo. A un certo momento si sente uno sparo; e’ la nostra "guida" che vuole farci sentire l’eco. Lo strapiombo che si vede dal ponte e’ impressionante: la nebbiolina impedisce di vedere il fondo. Penso alla fatica che hanno dovuto subire coloro che
hanno costruito il ponte, chissà che tecniche hanno usato; comunque
hanno compiuto un’opera che dura nel tempo. Probabilmente lo sceicco di
Shahara doveva essere molto ricco e potente e con le tasse che imponeva
alle carovane di passaggio ha potuto far costruire il ponte in modo da
incrementarne il loro passaggio. Tutto quello che ho letto su questo
luogo e su questo ponte è risultato essere riduttivo. A malincuore si
torna al funduk per scendere a valle e proseguire nel viaggio attraverso
lo Yemen.
Decidiamo di fermarci in un ristorantino per mangiare qualcosa e i
beduini della scorta ci fanno compagnia. Siamo attorniati da molti
bambini e bambine, quando ad un certo punto sento uno strano trambusto.
Sono arrivati due camion militari (??!?); scendono diversi beduini ben
vestiti, armatissimi con M16 e altri
fucili d’assalto. Sono organizzati e
in pochi attimi prendono posizione: uno con una mitragliatrice pesante
tiene sotto tiro il locale, altri sono appostati alle uscite. Qualcuno
manda via i bambini, un paio, con discrezione, ci tengono sotto tiro. Noi continuiamo a mangiare cercando di non dare
eccessivo peso alla situazione. Dopo un po' di animata discussione il
nostro autista ci viene ad informare che gli altri beduini vogliono
cinquemila rials. Ora si comincia a capire qualcosa, quelli che chiedono
i soldi appartengono alla tribù che si è assicurata il traffico dei
turisti verso Shahara. Dopo un’altra discussione hanno concordato che i
cinquemila rials li pagheranno i
nostri beduini e ci fanno firmare un documento, scritto in arabo,
(tradotto dal nostro autista yemenita), diceva che non abbiamo subito
nessun torto e che noi li abbiamo seguiti spontaneamente. Evidentemente
sospettavano che noi saremmo andati all’ambasciata a denunciare il fatto
che eravamo stati vittima di una estorsione.
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